LA CORTE DEI CONTI Nell'adunanza del 6 aprile 2000; Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 4 febbraio 2000, con il quale e' stato emanato il regolamento per la semplificazione e l'armonizzazione delle procedure dichiarative, delle modalita' di controllo e degli adempimenti nel settore vitivinicolo, a norma dell'art. 14 del d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173; Vista la nota in data 17 marzo 2000 del consigliere, delegato al controllo sugli atti di governo e la relazione in data 16 marzo 2000 del consigliere istruttore; Vista l'ordinanza in data 22 marzo 2000, con la quale il presidente della Corte dei conti ha deferito alla sezione del controllo, Io collegio, convocata per l'adunanza odierna, l'esame della legittimita' del decreto presidenziale sopra indicato; Vista la nota della segreteria della sezione del controllo in data 24 marzo 2000; Visto l'art. 24 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161; Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20; Udito il relatore consigliere Maurizio Meloni; Uditi i rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali; Ritenuto in fatto In data 22 febbraio 2000 e' pervenuto alla Corte dei conti, ufficio di controllo sugli atti di governo, per il prescritto controllo di legittimita', il d.P.R. in data 4 febbraio 2000 con il quale e' stato emanato il regolamento per la semplificazione e l'armonizzazione delle procedure dichiarative, delle modalita' di controllo e degli adempimenti nel settore vitivinicolo, a norma dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173. In sede istruttoria il consigliere istruttore dell'ufficio di controllo sugli atti di governo, con relazione in data 16 marzo 2000, ha prospettato al consigliere delegato alcune questioni concernenti la legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998, in base al quale e' stato adottato il regolamento all'esame. In particolare, l'ufficio di controllo ha dubitato che: a) un decreto legislativo in assenza di una norma giustificativa contenuta nella legge di delega possa disporre la delegificazione di una materia e nel contempo prevedere, al fine di sostituire e/o abrogare la legislazione di rango primario oggetto della delegificazione, l'emanazione di un regolamento c.d. delegato, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400; b) un regolamento statale (nel caso di specie "governativo") possa disciplinare una materia devoluta alla potesta' legislativa regionale. La materia della viticoltura, infatti, rientra in quella della "agricoltura". Le relative funzioni statali sono state totalmente trasferite alle regioni in base alle disposizioni contenute nel d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, nel d.P.R. 24 agosto 1977, n. 616 e nell'art. 1 della legge 4 dicembre 1993, n. 491, (cfr. anche l'art. 1, comma 2, del d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143). Il consigliere delegato al controllo sugli atti di governo concordando con le conclusioni formulate dal consigliere istruttore, con nota in data 17 marzo 2000, ha richiesto al presidente della Corte dei conti il deferimento alla sezione del controllo dell'esame dell'atto, richiedendo espressamente che oggetto dell'esame collegiale fossero tutte le prospettate questioni attinenti alla legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173, del 1998. Nel corso dell'adunanza odierna sono stati ascoltati i rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali, i quali hanno esposto il contenuto di una memoria depositata soltanto in data 6 aprile 2000, e formulato alcune osservazioni in merito ai rapporti tra organi comunitari, Stato italiano e regioni. Considerato in diritto Alla luce delle conclusioni esposte nella relazione in data 16 marzo 2000, a firma del consigliere istruttore, ribadite nel corso dell'odierna adunanza dal consigliere delegato al controllo sugli atti di governo, il collegio e' chiamato ad esaminare le prospettate questioni concernenti la legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173, in base al quale e' stato adottato il d.P.R. in data 4 febbraio 2000. Regolamento per la semplificazione e l'armonizzazione delle procedure dichiarative, delle modalita' di controllo e degli adempimenti nel settore vitivinicolo. Al riguardo, appare opportuno ricordare che il decreto legislativo n. 173 del 1998 e' stato adottato in base alla delega legislativa contenuta nell'art. 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, secondo cui: (comma 14) "Gli interventi pubblici nel settore agricolo e forestale e le azioni di sostegno alle attivita' produttive agricole si esplicano nel quadro degli obiettivi prioritari fissati dal documento di programmazione economico-finanziaria, con particolare riferimento al contenimento e all'armonizzazione con i costi medi comunitari dei costi di produzione delle imprese agricole, al fine di accrescere la competitivita', favorire l'innovazione tecnologica e l'imprenditoria giovanile e garantire la sicurezza alimentare". A tal fine il governo e' delegato ad emanare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per le politiche agricole, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, un decreto legislativo con l'osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: a) contenimento ed armonizzazione rispetto ai costi medi europei dei fattori di produzione, dei costi dei fattori di produzione delle imprese agricole, con particolare riferimento agli oneri fiscali, contributivi e previdenziali, ai costi energetici, ai costi di trasporto e al costo del denaro; b) accrescimento delle capacita' concorrenziali del sistema agro-alimentare nel mercato europeo ed internazionale, anche con l'estensione del credito specializzato e dei servizi assicurativi all'esportazione dei prodotti verso i paesi extracomunitari; c) adeguamento e modernizzazione del settore, favorendo il rafforzamento strutturale delle imprese agricole e l'integrazione economica della filiera agro-industriale; d) accelerazione delle procedure di utilizzo dei fondi strutturali riservati al settore agricolo e razionalizzazione e adeguamento del sistema dei servizi di interesse pubblico per lo stesso settore. (comma 15) "Per le finalita' di cui al comma 14 il governo e' autorizzato ad utilizzare anche gli stanziamenti resi disponibili dall'Unione europea quale compensazione monetaria per le riduzioni di reddito degli operatori agricoli derivanti dalla rivalutazione della lira determinate con il regolamento (CE) n. 724/1997 del consiglio, del 22 aprile 1997, e definite con i regolamenti (CE) n. 805/1997 e n. 806/1997, della commissione, del 2 maggio 1997, in conformita' alle prescrizioni dei suddetti regolamenti e con le previste procedure nazionali". L'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173, del 1998 dispone: "Con uno o piu' regolamenti, sulla base dei principi di cui all'art. 1 della legge 15 maggio 1997, n. 127 e dell'art. 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241, da adottarsi, ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente: decreto legislativo, sono semplificate e armonizzate le procedure dichiarative, le modalita' di controllo, gli adempimenti derivanti dall'attuazione della normativa comunitaria e nazionale per la gestione dei diversi settori produttivi di intervento. Dalla data di entrata in vigore dei regolamenti sono abrogate le disposizioni relative alle procedure dichiarative, gli adempimenti e le modalita' di controllo, contenute nei seguenti provvedimenti legislativi: decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1965, n. 162; decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con, modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462; decreto-legge 7 settembre 1987, n. 370, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 novembre 1987, n. 460; legge 10 febbraio 1992, n. 164; legge 17 febbraio 1982 n. 41; legge 10 febbraio 1992, n. 165. Ai fini della semplificazione, sono istituite, avvalendosi del S.I.A.N. (Sistema Informatico Agricolo Nazionale) istituito con "legge 4 giugno 1984, n. 194, ed integrato con i sistemi informativi regionali, la carta dell'agricoltore, documento cartaceo ed elettronico di identificazione delle imprese agricole e l'anagrafe delle aziende agricole intese quali unita' tecnico-economiche". Nella "relazione" che accompagna il regolamento, predisposta dal governo, tra l'altro, si legge che con il regolamento in esame si intende semplificare e armonizzare le procedure dichiarative e le modalita' di controllo nei settore vitivinicolo e gli adempimenti derivanti dall'attuazione della normativa comunitaria e nazionale nel settore medesimo in attuazione degli artt. 14 e 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173. Le carenze e le disfunzioni che si registrano nel settore vitivinicolo sono dovute, tra l'altro, alla mancanza di un adeguato coordinamento tra gli organi di controllo ed all'assenza di una programmazione congiunta degli interventi. In Italia, infatti, a differenza di altri paesi comunitari nei quali esiste un solo organismo di controllo nel settore vitivinicolo, i controlli sono effettuati con una sovrapposizione di competenze (Ministero per le politiche agricole, regioni, province, Carabinieri, Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato, Camere di commercio). Per il suddetto motivo si e' reso indispensabile armonizzare le competenze degli organi deputati al controllo, "fissandole in ambiti ben precisi". Cio' premesso, con riferimento al contenuto del regolamento si fa presente che: a) nel preambolo e nell'art. 7 vengono indicate la normativa comunitaria (regolamenti CEE n. 822/1987, n. 1294/1996, n. 2392/1986 e n. 1493/1999) e quella nazionale (legge 10 febbraio 1992, n. 164; decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282; d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (decreto legislativo) che disciplinano la materia della viticoltura. b) nell'art. 1 si afferma che il regolamento detta le "disposizioni generali" delle procedure dichiarative, delle modalita' di controllo e degli adempimenti derivanti dall'attuazione delle normativa comunitaria e nazionale nel settore vitivinicolo. A tal fine e' previsto che le pubbliche amministrazioni interessate si avvalgono dei servizi forniti dal servizio informativo agricolo nazionale (S.I.A.N.). c) l'art. 2 contiene alcune definizioni. d) nell'art. 3 sono individuate le dichiarazioni vitivinicole obbligatorie previste dalla normativa comunitaria e nazionale, quali la dichiarazione delle superfici vitate, la dichiarazione di raccolta dell'uva e di produzione del vino, la dichiarazione di giacenza vino e dei prodotti a monte del vino (al fine di evitare una duplice dichiarazione, e' previsto che la dichiarazione di raccolta dell'uva, e di produzione del vino sia integrata dalla obbligatoria denuncia delle uve e di produzione del vino a denominazione di origine (DO) e a indicazione geografica tipica (IGT), di cui all'art. 16 della legge n. 164 del 1992). e) nell'art. 4 sono disciplinate le procedure relative alle variazioni del potenziale viticolo e aziendale nonche' ai materiali di moltiplicazione vegetativa della vite. Nell'ambito di tali procedure sono individuati gli obblighi degli operatori interessati e vengono disciplinati i poteri di controllo spettanti alle regioni in ordine alle superfici vitate ed alla legittimita' degli impianti realizzati; f) al fine di evitare anche una sovrapposizione di competenze nell'art. 5 individuati gli enti preposti (regioni, ispettorato centrale repressione frodi, Ministero, organismo pagatore) e le loro funzioni in relazione allo svolgimento, dell'attivita' di controllo nel settore vitivinicolo; Il comma 1 e' stato integrato con l'esplicitazione dell'ulteriore compito delle regioni di accertare "l'effettuazione delle comunicazioni di cui all'art. 4, comma 5", necessarie per "agevolare i controlli delle superfici vitate" (viene resa obbligatoria una apposita comunicazione alle regioni in ordine alla movimentazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite). g) l'art. 6 elenca i criteri in base ai quali le regioni devono istituire, tenere aggiornati, controllare e revisionare periodicamente gli albi dei vigneti a denominazione d'origine controllata e gli elenchi delle vigne a denominazione geografica tipica. h) con l'art. 7, infine, si impone l'obbligo di osservanza del regolamento in esame alle regioni a statuto speciale e alle province autonome e si provvede ad abrogare alcune norme di rango primario incompatibili con la nuova regolamentazione del settore vitivinicolo. Prima di procedere alla valutazione della normativa contenuta nell'art. 55, commi 14 e 15, della legge n. 449 del 1997, nell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998 e nel regolamento in esame, appare opportuno far presente che il "settore vitivinicolo" rientra nella materia dell'agricoltura (cfr. l'art. 66 del d.P.R. 24 agosto 1977, n. 616), in relazione alla quale le regioni, anche a statuto speciale, e le province autonome di Trento e Bolzano (su cio' v. in seguito) sono dotate di potesta' legislativa (concorrente ovvero esclusiva a seconda dei casi) e sono titolari del potere di svolgere le correlate funzioni amministrative. Nella ordinanza n. 2/1999 (nella Gazzetta Ufficiale - 1a serie speciale - 15 settembre 1999, n. 37, sub n. 441) la sezione del controllo, esaminata tutta la normativa con la quale e' stato disposto il trasferimento di funzioni alle regioni in materia di agricoltura, ha accertato che il trasferimento di funzioni alle regioni in materia agricoltura, ecc. operato dal d.P.R. 24 agosto 1977, n. 616 e dall'art. 1 della legge 4 dicembre 1993, n. 491 e' totale (in ogni caso, un ulteriore e completo trasferimento di funzioni alle regioni in materia di agricoltura e' stato - fittiziamente - disposto dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143). Da quanto precede discende che attualmente lo Stato in materia di agricoltura non e' (rectius: non dovrebbe essere): titolare di alcuna funzione (salvo quella generale di "indirizzo e coordinamento" prevista dall'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59). Cio' premesso, ritiene il collegio che sussistano dubbi non manifestamente infondati in merito alla legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998, e cio' sotto diversi profili: a) non sembra che un decreto legislativo, in assenza di una norma giustificativa contenuta nella legge di delega, possa disporre la delegificazione di una materia e nel contempo prevedere, al fine di sostituire e abrogare la legislazione di rango primario oggetto della delegificazione, l'emanazione di un regolamento c.d. delegato (ex art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400). Cio' appare in contrasto con gli art. 70 e 76 Cost., cioe' con le norme della Costituzione che disciplinano le fonti normative. In tali casi, infatti, il governo, in assenza di una indicazione in tal senso da parte del parlamento espressa nella legge di delega, attribuisce a se stesso il potere di incidere su una normativa con forza di legge, per mezzo di una disciplina di rango secondario ed in base a principi direttivi (norme generali regolatrici della materia) da lui stesso individuati (in tal senso si e gia' espressa la sezione del controllo, Io collegio, nell'adunanza del 20 gennaio 2000: cfr. la deliberazione n. 21/2000. In tale occasione e' stata presa in esame la legittimita' costituzionale dell'art. 16 del d.lgs. n. 505 del 1999. In relazione a tale norma il collegio ha ritenuto non manifestamente infondata la prospettata questione di legittimita' costituzionale della suindicata norma. La questione, peraltro, e' stata ritenuta non rilevante nel caso di specie atteso che la sezione del controllo ha deliberato in ordine alla conformita' a legge dell'atto sottoposto al suo esame non in base al menzionato art. 16, bensi' ai sensi dell'art. 3, comma 136, della legge n. 662 del 1996. Per una corretta ipotesi di delegificazione, cfr. l'art. 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 228 e l'art. 10 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 60). Inoltre, occorre considerare che il parlamento, mediante la mancata menzione nella legge di delega del potere del governo di emanare regolamenti ai sensi dell'art 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 chiaramente manifesta la volonta' che la materia sia e continui ad essere disciplinata da norme di rango primario: nei casi di cui si discute, cioe', e' possibile desumere una chiara volonta' contraria alla delegificazione della materia oggetto della delega legislativa. Non appare ammissibile, pertanto, che il governo si "appropri" di una materia in relazione alla quale il Parlamento intende mantenere un esclusivo potere di intervento (conseguentemente, non sembra assumere alcuna rilevanza che il decreto legislativo ai fini della emanazione del regolamento preveda "normae generali regolatrici della materia" compatibili con i criteri direttivi individuati dal Parlamento per l'esercizio della delega legislativa). Inoltre, il rinvio da parte del decreto legislativo ad un regolamento c.d. delegato per la disciplina della materia oggetto della delega legislativa determina la violazione dell'art. 76 della Costituzione anche sotto il profilo del rispetto del termine imposto al governo per l'esercizio della delega. Il governo, infatti, in conseguenza della delegificazione da lui stesso disposta, manterrebbe a tempo indeterminato (in assenza di un successivo intervento legislativo) il potere di intervenire tramite norme regolamentari (nel caso di specie ben oltre il termine di quattro mesi previsto dall'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998). La giurisprudenza amministrativa (cfr. Tribunale amministrativo regionale Lazio 18 ottobre 1996, n. 2017; Cons. Stato, ad. gen., 16 maggio 1996, n. 90) e contabile (cfr. Corte dei conti, sez. controllo Stato, 22 settembre-12 ottobre 1996, n. 102), infatti, e' costante nel ritenere che l'eventuale termine fissato dal legislatore per l'emanazione della normativa regolamentare nella materia delegificata e' meramente sollecitatorio e che dalla violazione di tale termine non derivano "effetti decadenziali" (ma soltanto la responsabilita' politica del governo di fronte al parlamento). Da cio' consegue che il potere di emanare regolamenti delegati deve ritenersi conferito a tempo indeterminato e cioe' esercitabile tutte le volte che cio' si renda necessario (tale potere cessa soltanto nel caso in cui il parlamento reintervenga per disciplinare la materia in precedenza delegificata). Lasituazione sopra descritta e' riscontrabile nel caso di specie. Infatti, sebbene l'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998 menzioni genericamente l'art. 17 della legge n. 400 del 1998, non appare dubbio che il regolamento ivi previsto sia un regolamento c.d. "delegato" atteso che la fonte normativa secondaria dovrebbe "abrogare" - come di fatto abroga - le disposizioni contenute in una serie di fonti normative di rango primario (coerentemente con la qualificazione da attribuire al regolamento il menzionato art. 14 individua alcuni criteri direttivi). Peraltro, la norma di delega (art. 55, commi 14 e 15, della legge n. 449 del 1997) non prevede alcuna delegificazione della materia trattata. b) come accennato in precedenza, la materia della viticoltura rientra in quella della "agricoltura", cioe' in una di quelle in relazione alle quali l'art. 117 della Costituzione attribuisce alle regioni a statuto ordinario potesta' legislativa concorrente. La menzionata norma costituzionale nelle materie ivi elencate fissa una riserva assoluta di legge, con la conseguenza che nessuna norma statale con forza di legge ordinaria puo' demandare ad un regolamento governativo o ministeriale (ovvero ad un atto amministrativo di portata generale) la disciplina di una materia devoluta alla potesta' legislativa regionale. In tal senso e' costante la giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. le sentenze n. 482/1995, n. 333/1995, n. 391/1991 e n. 204/1991. In materia, altresi', cfr. le ordinanze della sezione del controllo n. 3/1999, nella Gazzetta Ufficiale - 1a serie speciale - 27 ottobre 1999, n. 43 sub n. 598, e n. 4/1999, nella Gazzetta Ufficiale - 1a serie speciale - 22 dicembre 1999, n. 51 sub n. 689). Analoghe considerazioni potrebbero in astratto essere formulate con riguardo alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano, dotate di potesta' legislativa esclusiva in materia di agricoltura (cfr. la seguente normativa: Friuli Venezia-Giulia: art. 4, comma 1, n. 2, legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1; Sardegna: art. 3, comma 1, lett. d) legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3; Sicilia: art. 14, comma 1, lett. e), legge cost. 15 maggio 1946, n. 455; Valle d'Aosta: art. 2: comma 1, lett. d) legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4; province autonome: art. 8, comma 1, n. 21, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). Al riguardo, tuttavia, si fa presente che l'art. 16 del d.lgs. n. 173 del 1998, dispone che le regioni a statuto speciale e le province autonome "provvedono alle finalita' del presente decreto (legislativo) nell'ambito delle proprie competenze secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti". Da cio' deriva che il regolamento in esame risulta soltanto in via mediata contrastante con la surriportata normativa concernente le regioni a statuto speciale e le province autonome. In via diretta, il regolamento, (in particolare l'art. 7 che impone alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di applicare le disposizioni del regolamento stesso), appare non conforme, per i motivi dianzi esposti, unicamente al menzionato art. 16 del d.lgs. n. 173 del 1998. Conclusivamente, (nel presupposto che dalla disciplina contenuta nell'art. 55, commi 14 e 15, della legge n. 449 del 1997 e nell'art. 14 del d.lgs. n. 173 del 1998 siano desumibili principi qualificabili norme fondamentali di riforma economico-sociale) non sembra che possa essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998, anche per violazione della sopra elencata normativa di rango costituzionale relativa alle regioni a statuto speciale e alle province autonome. In materia, inoltre, il collegio ritiene opportuno ricordare che con la menzionata propria ordinanza n. 2/1999, ha dubitato della legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 143 del 1997, con il: quale e' stato istituito il Ministero per le politiche agricole: (attualmente "delle politiche agricole e forestali": cfr. l'art. 55, comma 2, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300) poiche': a) il trasferimento di funzioni alle regioni in materia di agricoltura ecc. operato dal d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, dal d.P.R. n. 616 del 1977 e dall'art. 1 della legge n. 1 della legge n. 491, del 1993 e' totale; b) al neo istituito Ministero sono state attribuite fianzioni nuove, cioe' funzioni in precedenza non intestate al soppresso Ministero delle risorse agricole (tale Ministero non era titolare ne' dei compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale di cui all'art. 2, comma 3, del medesimo decreto legislativo, ne' svolgeva funzioni di vigilanza nelle materie di cui al menzionato art. 2). Il regolamento in esame appare invasivo delle competenze regionali in materia di agricoltura sotto due profili: a) poiche' attribuisce al Ministero delle politiche agricole e forestali e all'ispettorato generale per la repressione frodi alcune competenze attualmente spettanti alle regioni; b) in quanto detta una disciplina intesa a vincolare le regioni allo svolgimento di determinate funzioni amministrative, la cui definizione peraltro non spetta allo stato, bensi' alle stesse regioni in conseguenza della potesta' legislativa loro riconosciuta in materia. In materia, si osserva, infine, che il menzionato art. 55 della legge n. 449 del 1997, non incide sul trasferimento di funzioni alle regioni gia' attuato con gli atti normativi in precedenza indicati, e pertanto deve escludersi che tal norma sia in alcun modo rilevante al fine di modificare le considerazioni svolte nella menzionata ordinanza n. 2/1999 della sezione del controllo in merito alla legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 143 del 1997. Cio' premesso, si ritiene che soltanto nei confronti dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998 - e non anche dell'art. 55, commi 14 e 15, della legge n. 449 del 1997 - siano configurabili dubbi non manifestamente infondati di illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 76, 117 e 118, primo comma, della Costituzione. La norma di delega legislativa, infatti, puo' essere interpretata in senso conforme alla Costituzione (quale norma rispettosa delle prerogative regionali), atteso che essa non menziona la materia che costituisce lo specifico oggetto del regolamento in esame. In altri termini, sembra doversi escludere che l'art. 55, commi 14 e 15, della legge n. 449 del 1997, costituisca la norma giustificativa di quella contenuta nell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998. Quest'ultima norma, invece, appare costituzionalmente illegittima poiche', in violazione della legge di delega e degli artt. 117 e 118, comma 1, della Costituzione, prevede che tramite un regolamento governativo venga operata una "semplificazione" ed una "armonizzazione" delle procedure dichiarative, delle modalita' di controllo e degli adempimenti derivanti dall'attuazione della normativa comunitaria e nazionale per la gestione dei diversi settori produttivi di intervento in agricoltura; (disciplinate da una serie di atti normativi statali di rango primario anteriori al trasferimento di funzioni, da ultimo operato con la legge n. 491 del 1993: v. anche l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 143 del 1997). In tal modo non vengono rispettate le competenze legislative ed amministrative attribuite (e trasferite) alle regioni a statuto ordinario in materia di agricoltura in base agli artt. 117 e 118, comma 1 della Costituzione. La validita' delle considerazioni che precedono non appare inficiata dalle osservazioni svolte dal Ministero delle politiche agricole e forestali nella menzionata memoria del 6 aprile 2000. Al riguardo anzitutto, si ritiene che la ammissione al visto e alla conseguente registrazione del d.P.R. 1o dicembre 1999, n. 503, con il quale e' stata disciplinata la carta dell'agricoltore e: l'anagrafe delle aziende agricole, risulti perfettamente in linea con le affermazioni di cui sopra poiche': a) il regolamento emanato con tale decreto presidenziale, seppur rinviene il suo fondamento normativo nell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998, non e' un regolamento c.d. delegato poiche' il legislatore non ha operato alcuna delegificazione delle materie trattate (conseguenzialmente il regolamento, da riportare al disposto del comma 1 dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988, non ha abrogato o modificato alcuna norma di rango primario); b) la disciplina regolamentare contenuta nel d.P.R. n. 503 del 1999, non risulta in alcun modo lesiva delle prerogative e delle potesta' regionali in materia di agricoltura, essendo essa finalizzata a rendere conoscibile agli organi statali competenti la situazione in cui versano le aziende agricole (l'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 143 del 1997 - norma non censurata nella menzionata ordinanza n. 2/1999 di questa sezione del controllo - mantiene allo Stato le funzioni concernenti la raccolta, elaborazione e diffusione di dati e informazioni a livello nazionale, ai fini anche del sistema statistico nazionale e del rispetto degli organi comunitari). Ininfluente ai fini del decidere appare altresi' l'affermazione contenuta nella menzionata memoria secondo cui la semplificazione normativa ed amministrativa attuata e' diretta alla corretta e propria applicazione della nuova O.C.M. vino e delle misure strutturali comunitarie previste nel settore, cosi' rientrando nei compiti di coordinamento propri del Ministero. In sede di discussione orale i rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali hanno chiarito il significato e la portata di tale affermazione. A loro avviso il regolamento all'esame del collegio risulta attuativo della disciplina contenuta nel regolamento (CE) n. 1493/1999 del consiglio in data 17 maggio 1999, relativo alla nuova organizzazione comune del mercato nel settore vitivinicolo. Da cio' discenderebbe la possibilita' di emanare un regolamento governativo in materia alla luce del disposto dell'art. 11 della legge 5 febbraio 1999, n. 25, che, integrando l'art. 17, comma 1, lett. a) della legge n. 400 del 1988, ha ammesso la adozione di regolamenti governativi per dare esecuzione alla disciplina contenuta in regolamenti comunitari. Al riguardo, il collegio si limita ad osservare che l'art. 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, puo' essere richiamato unicamente al fine di dare esecuzione a regolamenti comunitari per quel che concerne le funzioni statali da essi prese in esame. Nel caso in cui, invece, i regolamenti comunitari incidono su materie di spettanza (nell'ambito dell'ordinamento italiano) delle regioni - salva l'applicazione dell'art. 8 della legge l5 marzo 1997, n. 59, concernente i poteri di indirizzo e di coordinamento attribuiti al governo - si e' dell'avviso che debba trovare esclusiva applicazione il disposto dell'art. 6 del d.P.R. n. 616 del 1977, (cfr. anche gli artt. 1, comma 1 lett. a) e 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86). La diretta applicabilita' dei regolamenti comunitari nell'ambito dell'ordinamento nazionale e la (eventuale) necessita' di adottare una normativa nazionale esecutiva di quella comunitaria, infatti, non puo' incidere sulle potesta' attribuite alle regioni dagli artt. 117 e 118, primo comma, della Costituzione. Cio nel senso che lo Stato non puo' in alcun caso emanare un regolamento governativo di esecuzione del regolamento comunitario incidente su una materia di competenza regionale: in tale ipotesi spetta alle regioni emanare la normativa di esecuzione eventualmente necessaria.