LA CORTE DEI CONTI

    Nell'adunanza del 6 aprile 2000;
    Visto  il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  in data 4
  febbraio  2000, con il quale e' stato emanato il regolamento per la
  semplificazione  e  l'armonizzazione  delle procedure dichiarative,
  delle  modalita'  di  controllo  e  degli  adempimenti  nel settore
  vitivinicolo,  a  norma  dell'art.  14  del  d.lgs. 30 aprile 1998,
  n. 173;
    Vista  la nota in data 17 marzo 2000 del consigliere, delegato al
  controllo  sugli  atti  di  governo e la relazione in data 16 marzo
  2000 del consigliere istruttore;
    Vista  l'ordinanza  in  data  22 marzo  2000,  con  la  quale  il
  presidente  della  Corte  dei  conti  ha  deferito alla sezione del
  controllo,  Io  collegio, convocata per l'adunanza odierna, l'esame
  della legittimita' del decreto presidenziale sopra indicato;
    Vista  la  nota  della  segreteria della sezione del controllo in
  data 24 marzo 2000;
    Visto  l'art. 24  del  r.d.  12 luglio  1934,  n. 1214, nel testo
  sostituito dall'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161;
    Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
    Udito il relatore consigliere Maurizio Meloni;
    Uditi  i  rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e
  forestali;

                          Ritenuto in fatto

    In  data  22  febbraio  2000  e'  pervenuto alla Corte dei conti,
  ufficio  di  controllo  sugli  atti  di  governo, per il prescritto
  controllo di legittimita', il d.P.R. in data 4 febbraio 2000 con il
  quale  e'  stato  emanato  il  regolamento per la semplificazione e
  l'armonizzazione  delle  procedure dichiarative, delle modalita' di
  controllo  e  degli  adempimenti  nel settore vitivinicolo, a norma
  dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173.
    In  sede  istruttoria  il  consigliere istruttore dell'ufficio di
  controllo  sugli  atti  di  governo, con relazione in data 16 marzo
  2000,  ha  prospettato  al  consigliere  delegato  alcune questioni
  concernenti  la  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 3,
  del  d.lgs.  n. 173 del 1998, in base al quale e' stato adottato il
  regolamento all'esame.
    In particolare, l'ufficio di controllo ha dubitato che:
        a)   un   decreto   legislativo   in  assenza  di  una  norma
  giustificativa  contenuta  nella  legge di delega possa disporre la
  delegificazione di una materia e nel contempo prevedere, al fine di
  sostituire  e/o  abrogare la legislazione di rango primario oggetto
  della   delegificazione,   l'emanazione   di  un  regolamento  c.d.
  delegato,  ai  sensi  dell'art.  17, comma 2, della legge 23 agosto
  1988, n. 400;
        b)  un regolamento statale (nel caso di specie "governativo")
  possa  disciplinare  una materia devoluta alla potesta' legislativa
  regionale.
    La  materia  della  viticoltura, infatti, rientra in quella della
  "agricoltura".  Le  relative funzioni statali sono state totalmente
  trasferite  alle  regioni  in  base alle disposizioni contenute nel
  d.P.R.  15 gennaio 1972, n. 11, nel d.P.R. 24 agosto 1977, n. 616 e
  nell'art. 1 della legge 4 dicembre 1993, n. 491, (cfr. anche l'art.
  1, comma 2, del d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143).
    Il  consigliere  delegato  al  controllo  sugli  atti  di governo
  concordando   con   le   conclusioni   formulate   dal  consigliere
  istruttore,  con  nota  in  data  17  marzo  2000,  ha richiesto al
  presidente  della  Corte  dei conti il deferimento alla sezione del
  controllo   dell'esame  dell'atto,  richiedendo  espressamente  che
  oggetto   dell'esame   collegiale   fossero  tutte  le  prospettate
  questioni  attinenti alla legittimita' costituzionale dell'art. 14,
  comma 3, del d.lgs. n. 173, del 1998.
    Nel   corso   dell'adunanza   odierna   sono  stati  ascoltati  i
  rappresentanti  del Ministero delle politiche agricole e forestali,
  i  quali  hanno  esposto  il  contenuto  di  una memoria depositata
  soltanto  in data 6 aprile 2000, e formulato alcune osservazioni in
  merito ai rapporti tra organi comunitari, Stato italiano e regioni.

                       Considerato in diritto

    Alla  luce  delle  conclusioni esposte nella relazione in data 16
  marzo  2000, a firma del consigliere istruttore, ribadite nel corso
  dell'odierna  adunanza  dal consigliere delegato al controllo sugli
  atti   di   governo,  il  collegio  e'  chiamato  ad  esaminare  le
  prospettate  questioni  concernenti  la legittimita' costituzionale
  dell'art.  14,  comma 3, del d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173, in base
  al  quale  e'  stato  adottato  il  d.P.R. in data 4 febbraio 2000.
  Regolamento   per   la  semplificazione  e  l'armonizzazione  delle
  procedure  dichiarative,  delle  modalita'  di  controllo  e  degli
  adempimenti nel settore vitivinicolo.
    Al   riguardo,   appare   opportuno   ricordare  che  il  decreto
  legislativo  n. 173  del 1998 e' stato adottato in base alla delega
  legislativa  contenuta  nell'art. 55, commi 14 e 15, della legge 27
  dicembre 1997, n. 449, secondo cui:
        (comma  14)  "Gli  interventi pubblici nel settore agricolo e
  forestale  e  le  azioni  di  sostegno  alle  attivita'  produttive
  agricole si esplicano nel quadro degli obiettivi prioritari fissati
  dal   documento   di   programmazione   economico-finanziaria,  con
  particolare  riferimento al contenimento e all'armonizzazione con i
  costi  medi  comunitari  dei  costi  di  produzione  delle  imprese
  agricole,   al  fine  di  accrescere  la  competitivita',  favorire
  l'innovazione  tecnologica  e l'imprenditoria giovanile e garantire
  la  sicurezza  alimentare".  A  tal  fine il governo e' delegato ad
  emanare,  entro  quattro mesi dalla data di entrata in vigore della
  presente legge, su proposta del Ministro per le politiche agricole,
  sentita  la  conferenza  permanente per i rapporti tra lo Stato, le
  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento e di Bolzano, previo
  parere   delle  competenti  commissioni  parlamentari,  un  decreto
  legislativo  con  l'osservanza  dei  seguenti  principi  e  criteri
  direttivi:
          a)  contenimento  ed  armonizzazione rispetto ai costi medi
  europei  dei  fattori  di  produzione,  dei  costi  dei  fattori di
  produzione delle imprese agricole, con particolare riferimento agli
  oneri  fiscali,  contributivi e previdenziali, ai costi energetici,
  ai costi di trasporto e al costo del denaro;
          b) accrescimento delle capacita' concorrenziali del sistema
  agro-alimentare  nel  mercato  europeo ed internazionale, anche con
  l'estensione  del  credito specializzato e dei servizi assicurativi
  all'esportazione dei prodotti verso i paesi extracomunitari;
          c)  adeguamento e modernizzazione del settore, favorendo il
  rafforzamento  strutturale  delle imprese agricole e l'integrazione
  economica della filiera agro-industriale;
          d)  accelerazione  delle  procedure  di  utilizzo dei fondi
  strutturali  riservati  al  settore  agricolo e razionalizzazione e
  adeguamento  del  sistema  dei servizi di interesse pubblico per lo
  stesso settore.
        (comma 15) "Per le finalita' di cui al comma 14 il governo e'
  autorizzato  ad  utilizzare anche gli stanziamenti resi disponibili
  dall'Unione  europea quale compensazione monetaria per le riduzioni
  di  reddito  degli operatori agricoli derivanti dalla rivalutazione
  della  lira  determinate  con  il  regolamento (CE) n. 724/1997 del
  consiglio,  del  22 aprile  1997, e definite con i regolamenti (CE)
  n. 805/1997 e n. 806/1997, della commissione, del 2 maggio 1997, in
  conformita'  alle  prescrizioni  dei  suddetti regolamenti e con le
  previste procedure nazionali".
    L'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173, del 1998 dispone: "Con uno
  o piu' regolamenti, sulla base dei principi di cui all'art. 1 della
  legge  15 maggio  1997,  n. 127 e dell'art. 18 della legge 7 agosto
  1990,  n. 241,  da  adottarsi,  ai  sensi  dell'art. 17 della legge
  23 agosto  1988,  n. 400,  entro  centottanta  giorni dalla data di
  entrata   in   vigore   del  presente:  decreto  legislativo,  sono
  semplificate  e armonizzate le procedure dichiarative, le modalita'
  di  controllo,  gli  adempimenti  derivanti  dall'attuazione  della
  normativa  comunitaria  e  nazionale  per  la  gestione dei diversi
  settori produttivi di intervento.
    Dalla  data di entrata in vigore dei regolamenti sono abrogate le
  disposizioni  relative alle procedure dichiarative, gli adempimenti
  e  le  modalita' di controllo, contenute nei seguenti provvedimenti
  legislativi:  decreto  del  Presidente della Repubblica 12 febbraio
  1965,  n. 162;  decreto-legge  18  giugno 1986, n. 282, convertito,
  con,   modificazioni,   dalla   legge   7   agosto   1986,  n. 462;
  decreto-legge    7 settembre    1987,   n. 370,   convertito,   con
  modificazioni,   dalla   legge   4  novembre  1987,  n. 460;  legge
  10 febbraio  1992,  n. 164;  legge  17 febbraio  1982  n. 41; legge
  10 febbraio  1992,  n. 165.  Ai  fini  della  semplificazione, sono
  istituite,  avvalendosi  del S.I.A.N. (Sistema Informatico Agricolo
  Nazionale) istituito con "legge 4 giugno 1984, n. 194, ed integrato
  con  i  sistemi  informativi  regionali, la carta dell'agricoltore,
  documento  cartaceo ed elettronico di identificazione delle imprese
  agricole  e  l'anagrafe  delle aziende agricole intese quali unita'
  tecnico-economiche".
    Nella  "relazione" che accompagna il regolamento, predisposta dal
  governo,  tra  l'altro, si legge che con il regolamento in esame si
  intende  semplificare  e armonizzare le procedure dichiarative e le
  modalita'  di  controllo nei settore vitivinicolo e gli adempimenti
  derivanti  dall'attuazione  della normativa comunitaria e nazionale
  nel  settore medesimo in attuazione degli artt. 14 e 15 del decreto
  legislativo 30 aprile 1998, n. 173.
    Le  carenze  e  le  disfunzioni  che  si  registrano  nel settore
  vitivinicolo sono dovute, tra l'altro, alla mancanza di un adeguato
  coordinamento  tra  gli  organi  di controllo ed all'assenza di una
  programmazione congiunta degli interventi.
    In  Italia,  infatti,  a differenza di altri paesi comunitari nei
  quali   esiste   un   solo   organismo  di  controllo  nel  settore
  vitivinicolo,  i  controlli sono effettuati con una sovrapposizione
  di  competenze  (Ministero  per  le  politiche  agricole,  regioni,
  province,  Carabinieri,  Guardia  di finanza, Corpo forestale dello
  Stato, Camere di commercio).
    Per  il  suddetto motivo si e' reso indispensabile armonizzare le
  competenze  degli  organi  deputati  al  controllo,  "fissandole in
  ambiti ben precisi".
    Cio' premesso, con riferimento al contenuto del regolamento si fa
  presente che:
        a)  nel preambolo e nell'art. 7 vengono indicate la normativa
  comunitaria    (regolamenti    CEE    n. 822/1987,    n. 1294/1996,
  n. 2392/1986  e n. 1493/1999) e quella nazionale (legge 10 febbraio
  1992,  n. 164;  decreto-legge  18 giugno  1986,  n. 282;  d.P.R. 12
  febbraio  1965,  n. 162  (decreto  legislativo) che disciplinano la
  materia della viticoltura.
        b)  nell'art. 1  si  afferma  che  il  regolamento  detta  le
  "disposizioni   generali"   delle   procedure  dichiarative,  delle
  modalita'    di    controllo    e   degli   adempimenti   derivanti
  dall'attuazione delle normativa comunitaria e nazionale nel settore
  vitivinicolo.   A   tal   fine   e'   previsto   che  le  pubbliche
  amministrazioni  interessate  si  avvalgono dei servizi forniti dal
  servizio informativo agricolo nazionale (S.I.A.N.).
        c) l'art. 2 contiene alcune definizioni.
        d) nell'art. 3 sono individuate le dichiarazioni vitivinicole
  obbligatorie  previste  dalla  normativa  comunitaria  e nazionale,
  quali  la dichiarazione delle superfici vitate, la dichiarazione di
  raccolta  dell'uva  e  di  produzione del vino, la dichiarazione di
  giacenza  vino  e dei prodotti a monte del vino (al fine di evitare
  una  duplice  dichiarazione,  e'  previsto  che la dichiarazione di
  raccolta  dell'uva,  e  di  produzione del vino sia integrata dalla
  obbligatoria  denuncia  delle  uve  e  di  produzione  del  vino  a
  denominazione  di  origine  (DO)  e a indicazione geografica tipica
  (IGT), di cui all'art. 16 della legge n. 164 del 1992).
        e)  nell'art. 4  sono disciplinate le procedure relative alle
  variazioni del potenziale viticolo e aziendale nonche' ai materiali
  di moltiplicazione vegetativa della vite.
    Nell'ambito di tali procedure sono individuati gli obblighi degli
  operatori  interessati e vengono disciplinati i poteri di controllo
  spettanti  alle  regioni  in  ordine  alle superfici vitate ed alla
  legittimita' degli impianti realizzati;
        f) al fine di evitare anche una sovrapposizione di competenze
  nell'art.  5  individuati  gli  enti preposti (regioni, ispettorato
  centrale  repressione  frodi,  Ministero,  organismo pagatore) e le
  loro  funzioni  in  relazione  allo  svolgimento, dell'attivita' di
  controllo nel settore vitivinicolo;
    Il comma 1 e' stato integrato con l'esplicitazione dell'ulteriore
  compito   delle   regioni   di   accertare  "l'effettuazione  delle
  comunicazioni   di   cui  all'art.  4,  comma  5",  necessarie  per
  "agevolare   i   controlli  delle  superfici  vitate"  (viene  resa
  obbligatoria una apposita comunicazione alle regioni in ordine alla
  movimentazione  dei  materiali  di moltiplicazione vegetativa della
  vite).
        g)  l'art. 6  elenca  i  criteri  in base ai quali le regioni
  devono  istituire,  tenere  aggiornati,  controllare  e revisionare
  periodicamente  gli  albi  dei  vigneti  a  denominazione d'origine
  controllata  e  gli  elenchi delle vigne a denominazione geografica
  tipica.
        h)  con  l'art. 7,  infine, si impone l'obbligo di osservanza
  del  regolamento  in  esame  alle regioni a statuto speciale e alle
  province  autonome  e si provvede ad abrogare alcune norme di rango
  primario  incompatibili  con  la nuova regolamentazione del settore
  vitivinicolo.
    Prima  di  procedere  alla  valutazione della normativa contenuta
  nell'art.  55,  commi  14  e  15,  della  legge  n. 449  del  1997,
  nell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998 e nel regolamento
  in   esame,   appare   opportuno   far  presente  che  il  "settore
  vitivinicolo"   rientra   nella   materia   dell'agricoltura  (cfr.
  l'art. 66  del  d.P.R.  24  agosto 1977, n. 616), in relazione alla
  quale  le regioni, anche a statuto speciale, e le province autonome
  di Trento e Bolzano (su cio' v. in seguito) sono dotate di potesta'
  legislativa  (concorrente  ovvero  esclusiva  a seconda dei casi) e
  sono   titolari  del  potere  di  svolgere  le  correlate  funzioni
  amministrative.
      Nella  ordinanza n. 2/1999 (nella Gazzetta Ufficiale - 1a serie
  speciale  -  15  settembre  1999, n. 37, sub n. 441) la sezione del
  controllo,  esaminata  tutta  la  normativa  con  la quale e' stato
  disposto  il  trasferimento  di funzioni alle regioni in materia di
  agricoltura,  ha  accertato  che  il trasferimento di funzioni alle
  regioni  in  materia agricoltura, ecc. operato dal d.P.R. 24 agosto
  1977,  n. 616  e dall'art. 1 della legge 4 dicembre 1993, n. 491 e'
  totale  (in  ogni  caso,  un  ulteriore e completo trasferimento di
  funzioni  alle  regioni  in  materia  di  agricoltura  e'  stato  -
  fittiziamente  - disposto dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. 4 giugno
  1997, n. 143).
    Da quanto precede discende che attualmente lo Stato in materia di
  agricoltura  non  e'  (rectius:  non  dovrebbe essere): titolare di
  alcuna   funzione   (salvo   quella   generale   di   "indirizzo  e
  coordinamento"  prevista  dall'art. 8  della  legge  15 marzo 1997,
  n. 59).
    Cio'  premesso,  ritiene  il  collegio  che  sussistano dubbi non
  manifestamente infondati in merito alla legittimita' costituzionale
  dell'art. 14,  comma  3,  del  d.lgs. n. 173 del 1998, e cio' sotto
  diversi profili:
    a) non sembra che un decreto legislativo, in assenza di una norma
  giustificativa  contenuta  nella legge di delega, possa disporre la
  delegificazione di una materia e nel contempo prevedere, al fine di
  sostituire  e  abrogare  la  legislazione di rango primario oggetto
  della delegificazione, l'emanazione di un regolamento c.d. delegato
  (ex  art. 17,  comma  2,  della legge 23 agosto 1988, n. 400). Cio'
  appare  in contrasto con gli art. 70 e 76 Cost., cioe' con le norme
  della  Costituzione  che  disciplinano  le fonti normative. In tali
  casi,  infatti,  il  governo,  in assenza di una indicazione in tal
  senso  da  parte  del  parlamento  espressa  nella legge di delega,
  attribuisce  a se stesso il potere di incidere su una normativa con
  forza  di legge, per mezzo di una disciplina di rango secondario ed
  in  base  a  principi  direttivi  (norme generali regolatrici della
  materia) da lui stesso individuati (in tal senso si e gia' espressa
  la sezione del controllo, Io collegio, nell'adunanza del 20 gennaio
  2000:  cfr. la deliberazione n. 21/2000. In tale occasione e' stata
  presa  in  esame  la  legittimita'  costituzionale dell'art. 16 del
  d.lgs.  n. 505  del  1999. In relazione a tale norma il collegio ha
  ritenuto  non  manifestamente infondata la prospettata questione di
  legittimita'  costituzionale  della suindicata norma. La questione,
  peraltro, e' stata ritenuta non rilevante nel caso di specie atteso
  che   la  sezione  del  controllo  ha  deliberato  in  ordine  alla
  conformita'  a  legge dell'atto sottoposto al suo esame non in base
  al  menzionato  art. 16,  bensi'  ai  sensi dell'art. 3, comma 136,
  della   legge   n. 662  del  1996.  Per  una  corretta  ipotesi  di
  delegificazione, cfr. l'art. 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998,
  n. 228 e l'art. 10 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 60).
    Inoltre,  occorre  considerare  che  il  parlamento,  mediante la
  mancata  menzione  nella  legge di delega del potere del governo di
  emanare  regolamenti  ai  sensi  dell'art  17, comma 2, della legge
  n. 400  del  1988  chiaramente manifesta la volonta' che la materia
  sia  e  continui ad essere disciplinata da norme di rango primario:
  nei casi di cui si discute, cioe', e' possibile desumere una chiara
  volonta' contraria alla delegificazione della materia oggetto della
  delega legislativa.
    Non appare ammissibile, pertanto, che il governo si "appropri" di
  una materia in relazione alla quale il Parlamento intende mantenere
  un  esclusivo  potere  di  intervento (conseguentemente, non sembra
  assumere  alcuna rilevanza che il decreto legislativo ai fini della
  emanazione  del  regolamento  preveda  "normae generali regolatrici
  della  materia" compatibili con i criteri direttivi individuati dal
  Parlamento per l'esercizio della delega legislativa).
    Inoltre,  il  rinvio  da  parte  del  decreto  legislativo  ad un
  regolamento  c.d.  delegato per la disciplina della materia oggetto
  della delega legislativa determina la violazione dell'art. 76 della
  Costituzione  anche  sotto  il  profilo  del  rispetto  del termine
  imposto  al  governo  per  l'esercizio  della  delega.  Il governo,
  infatti,   in  conseguenza  della  delegificazione  da  lui  stesso
  disposta,  manterrebbe  a  tempo  indeterminato  (in  assenza di un
  successivo intervento legislativo) il potere di intervenire tramite
  norme  regolamentari  (nel  caso  di specie ben oltre il termine di
  quattro  mesi previsto dall'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del
  1998).    La    giurisprudenza   amministrativa   (cfr.   Tribunale
  amministrativo  regionale  Lazio  18 ottobre  1996,  n. 2017; Cons.
  Stato, ad. gen., 16 maggio 1996, n. 90) e contabile (cfr. Corte dei
  conti, sez. controllo Stato, 22 settembre-12 ottobre 1996, n. 102),
  infatti,  e'  costante nel ritenere che l'eventuale termine fissato
  dal  legislatore  per  l'emanazione  della  normativa regolamentare
  nella  materia delegificata e' meramente sollecitatorio e che dalla
  violazione  di tale termine non derivano "effetti decadenziali" (ma
  soltanto  la  responsabilita'  politica  del  governo  di fronte al
  parlamento).  Da cio' consegue che il potere di emanare regolamenti
  delegati  deve  ritenersi  conferito  a tempo indeterminato e cioe'
  esercitabile  tutte  le  volte  che  cio' si renda necessario (tale
  potere  cessa  soltanto  nel caso in cui il parlamento reintervenga
  per disciplinare la materia in precedenza delegificata).
Lasituazione  sopra  descritta  e' riscontrabile nel caso di specie.
  Infatti,  sebbene  l'art. 14,  comma  3, del d.lgs. n. 173 del 1998
  menzioni  genericamente  l'art. 17 della legge n. 400 del 1998, non
  appare  dubbio  che  il regolamento ivi previsto sia un regolamento
  c.d.  "delegato"  atteso che la fonte normativa secondaria dovrebbe
  "abrogare"  - come  di  fatto abroga - le disposizioni contenute in
  una  serie  di fonti normative di rango primario (coerentemente con
  la  qualificazione  da  attribuire  al  regolamento  il  menzionato
  art. 14  individua alcuni criteri direttivi). Peraltro, la norma di
  delega  (art. 55,  commi  14 e 15, della legge n. 449 del 1997) non
  prevede alcuna delegificazione della materia trattata.
        b) come accennato in precedenza, la materia della viticoltura
  rientra  in  quella  della "agricoltura", cioe' in una di quelle in
  relazione alle quali l'art. 117 della Costituzione attribuisce alle
  regioni  a  statuto  ordinario potesta' legislativa concorrente. La
  menzionata  norma  costituzionale  nelle materie ivi elencate fissa
  una riserva assoluta di legge, con la conseguenza che nessuna norma
  statale   con  forza  di  legge  ordinaria  puo'  demandare  ad  un
  regolamento   governativo   o   ministeriale  (ovvero  ad  un  atto
  amministrativo  di  portata  generale) la disciplina di una materia
  devoluta alla potesta' legislativa regionale.
    In   tal   senso   e'  costante  la  giurisprudenza  della  Corte
  costituzionale   (cfr.   le   sentenze   n. 482/1995,  n. 333/1995,
  n. 391/1991  e n. 204/1991. In materia, altresi', cfr. le ordinanze
  della  sezione  del controllo n. 3/1999, nella Gazzetta Ufficiale -
  1a serie speciale - 27 ottobre 1999, n. 43 sub n. 598, e n. 4/1999,
  nella  Gazzetta  Ufficiale  - 1a serie speciale - 22 dicembre 1999,
  n. 51 sub n. 689).
      Analoghe considerazioni potrebbero in astratto essere formulate
  con  riguardo  alle  regioni  a  statuto  speciale  e alle province
  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  dotate  di  potesta' legislativa
  esclusiva  in  materia  di agricoltura (cfr. la seguente normativa:
  Friuli   Venezia-Giulia:   art.  4,  comma  1,  n. 2,  legge  cost.
  31 gennaio  1963,  n. 1;  Sardegna: art. 3, comma 1, lett. d) legge
  cost.  26 febbraio 1948, n. 3; Sicilia: art. 14, comma 1, lett. e),
  legge cost. 15 maggio 1946, n. 455; Valle d'Aosta: art. 2: comma 1,
  lett.  d)  legge  cost.  26 febbraio 1948, n. 4; province autonome:
  art. 8,   comma  1,  n. 21,  d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670).  Al
  riguardo,  tuttavia, si fa presente che l'art. 16 del d.lgs. n. 173
  del  1998,  dispone che le regioni a statuto speciale e le province
  autonome   "provvedono   alle   finalita'   del   presente  decreto
  (legislativo)  nell'ambito  delle proprie competenze secondo quanto
  previsto dai rispettivi ordinamenti".
    Da  cio'  deriva  che il regolamento in esame risulta soltanto in
  via  mediata contrastante con la surriportata normativa concernente
  le  regioni  a  statuto  speciale  e  le  province autonome. In via
  diretta,  il  regolamento, (in particolare l'art. 7 che impone alle
  regioni a statuto speciale e alle province autonome di applicare le
  disposizioni  del  regolamento  stesso), appare non conforme, per i
  motivi  dianzi esposti, unicamente al menzionato art. 16 del d.lgs.
  n. 173 del 1998.
    Conclusivamente,  (nel presupposto che dalla disciplina contenuta
  nell'art. 55,  commi  14  e  15,  della  legge  n. 449  del  1997 e
  nell'art.  14  del d.lgs. n. 173 del 1998 siano desumibili principi
  qualificabili  norme fondamentali di riforma economico-sociale) non
  sembra  che  possa  essere  sollevata  la questione di legittimita'
  costituzionale  dell'art.  14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998,
  anche  per  violazione  della  sopra  elencata  normativa  di rango
  costituzionale  relativa  alle  regioni  a  statuto speciale e alle
  province autonome.
    In  materia, inoltre, il collegio ritiene opportuno ricordare che
  con  la  menzionata  propria ordinanza n. 2/1999, ha dubitato della
  legittimita'  costituzionale  del  d.lgs.  n. 143 del 1997, con il:
  quale  e'  stato  istituito il Ministero per le politiche agricole:
  (attualmente  "delle  politiche  agricole e forestali": cfr. l'art.
  55, comma 2, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300) poiche':
        a)  il  trasferimento  di funzioni alle regioni in materia di
  agricoltura  ecc.  operato  dal  d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, dal
  d.P.R.  n. 616  del 1977 e dall'art. 1 della legge n. 1 della legge
  n. 491, del 1993 e' totale;
        b) al neo istituito Ministero sono state attribuite fianzioni
  nuove,  cioe'  funzioni  in  precedenza  non intestate al soppresso
  Ministero  delle  risorse agricole (tale Ministero non era titolare
  ne' dei compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale
  di  cui  all'art. 2, comma 3, del medesimo decreto legislativo, ne'
  svolgeva  funzioni  di vigilanza nelle materie di cui al menzionato
  art. 2).
    Il   regolamento   in  esame  appare  invasivo  delle  competenze
  regionali in materia di agricoltura sotto due profili:
        a)  poiche' attribuisce al Ministero delle politiche agricole
  e  forestali  e  all'ispettorato  generale per la repressione frodi
  alcune competenze attualmente spettanti alle regioni;
        b)  in  quanto  detta  una  disciplina  intesa a vincolare le
  regioni allo svolgimento di determinate funzioni amministrative, la
  cui  definizione peraltro non spetta allo stato, bensi' alle stesse
  regioni in conseguenza della potesta' legislativa loro riconosciuta
  in materia.
    In  materia,  si osserva, infine, che il menzionato art. 55 della
  legge  n. 449  del  1997,  non incide sul trasferimento di funzioni
  alle  regioni  gia'  attuato  con  gli atti normativi in precedenza
  indicati,  e  pertanto  deve  escludersi che tal norma sia in alcun
  modo rilevante al fine di modificare le considerazioni svolte nella
  menzionata  ordinanza  n. 2/1999  della  sezione  del  controllo in
  merito alla legittimita' costituzionale del d.lgs. n. 143 del 1997.
    Cio'  premesso,  si  ritiene che soltanto nei confronti dell'art.
  14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998 - e non anche dell'art. 55,
  commi  14  e  15, della legge n. 449 del 1997 - siano configurabili
  dubbi    non    manifestamente    infondati    di    illegittimita'
  costituzionale,  per  violazione  degli  artt. 76, 117 e 118, primo
  comma, della Costituzione.
    La norma di delega legislativa, infatti, puo' essere interpretata
  in  senso  conforme alla Costituzione (quale norma rispettosa delle
  prerogative regionali), atteso che essa non menziona la materia che
  costituisce lo specifico oggetto del regolamento in esame. In altri
  termini,  sembra  doversi  escludere  che l'art. 55, commi 14 e 15,
  della legge n. 449 del 1997, costituisca la norma giustificativa di
  quella contenuta nell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998.
    Quest'ultima norma, invece, appare costituzionalmente illegittima
  poiche',  in  violazione  della legge di delega e degli artt. 117 e
  118,   comma   1,   della  Costituzione,  prevede  che  tramite  un
  regolamento  governativo venga operata una "semplificazione" ed una
  "armonizzazione"  delle  procedure dichiarative, delle modalita' di
  controllo  e  degli  adempimenti  derivanti  dall'attuazione  della
  normativa  comunitaria  e  nazionale  per  la  gestione dei diversi
  settori  produttivi  di intervento in agricoltura; (disciplinate da
  una  serie di atti normativi statali di rango primario anteriori al
  trasferimento  di  funzioni,  da ultimo operato con la legge n. 491
  del  1993: v. anche l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 143 del 1997).
  In  tal  modo  non  vengono rispettate le competenze legislative ed
  amministrative  attribuite  (e  trasferite)  alle regioni a statuto
  ordinario  in  materia di agricoltura in base agli artt. 117 e 118,
  comma 1 della Costituzione.
    La  validita'  delle  considerazioni  che  precedono  non  appare
  inficiata  dalle  osservazioni svolte dal Ministero delle politiche
  agricole e forestali nella menzionata memoria del 6 aprile 2000.
    Al  riguardo  anzitutto,  si ritiene che la ammissione al visto e
  alla conseguente registrazione del d.P.R. 1o dicembre 1999, n. 503,
  con  il  quale  e'  stata disciplinata la carta dell'agricoltore e:
  l'anagrafe  delle  aziende agricole, risulti perfettamente in linea
  con le affermazioni di cui sopra poiche':
        a)  il  regolamento  emanato  con tale decreto presidenziale,
  seppur  rinviene il suo fondamento normativo nell'art. 14, comma 3,
  del  d.lgs.  n. 173  del  1998, non e' un regolamento c.d. delegato
  poiche'  il legislatore non ha operato alcuna delegificazione delle
  materie  trattate  (conseguenzialmente il regolamento, da riportare
  al  disposto  del comma 1 dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988,
  non ha abrogato o modificato alcuna norma di rango primario);
        b)  la  disciplina  regolamentare contenuta nel d.P.R. n. 503
  del  1999,  non  risulta  in  alcun modo lesiva delle prerogative e
  delle  potesta'  regionali  in materia di agricoltura, essendo essa
  finalizzata a rendere conoscibile agli organi statali competenti la
  situazione  in  cui versano le aziende agricole (l'art. 2, comma 3,
  del  d.lgs.  n. 143 del 1997 - norma non censurata nella menzionata
  ordinanza n. 2/1999 di questa sezione del controllo - mantiene allo
  Stato   le   funzioni   concernenti  la  raccolta,  elaborazione  e
  diffusione  di  dati  e  informazioni  a livello nazionale, ai fini
  anche  del sistema statistico nazionale e del rispetto degli organi
  comunitari).  Ininfluente  ai  fini  del  decidere  appare altresi'
  l'affermazione  contenuta  nella  menzionata memoria secondo cui la
  semplificazione normativa ed amministrativa attuata e' diretta alla
  corretta  e  propria  applicazione  della nuova O.C.M. vino e delle
  misure   strutturali   comunitarie   previste  nel  settore,  cosi'
  rientrando  nei  compiti  di coordinamento propri del Ministero. In
  sede  di  discussione  orale  i  rappresentanti del Ministero delle
  politiche  agricole  e forestali hanno chiarito il significato e la
  portata di tale affermazione.
    A  loro  avviso  il  regolamento  all'esame  del collegio risulta
  attuativo   della   disciplina   contenuta   nel  regolamento  (CE)
  n. 1493/1999  del  consiglio  in data 17 maggio 1999, relativo alla
  nuova  organizzazione  comune del mercato nel settore vitivinicolo.
  Da  cio'  discenderebbe  la  possibilita' di emanare un regolamento
  governativo  in  materia  alla luce del disposto dell'art. 11 della
  legge  5  febbraio 1999, n. 25, che, integrando l'art. 17, comma 1,
  lett. a)  della  legge  n. 400  del 1988, ha ammesso la adozione di
  regolamenti   governativi   per  dare  esecuzione  alla  disciplina
  contenuta in regolamenti comunitari.
    Al  riguardo,  il  collegio si limita ad osservare che l'art. 17,
  comma  1,  della  legge  n. 400  del  1988,  puo' essere richiamato
  unicamente  al fine di dare esecuzione a regolamenti comunitari per
  quel che concerne le funzioni statali da essi prese in esame.
    Nel  caso  in  cui,  invece, i regolamenti comunitari incidono su
  materie  di spettanza (nell'ambito dell'ordinamento italiano) delle
  regioni  -  salva  l'applicazione  dell'art. 8 della legge l5 marzo
  1997,  n. 59,  concernente i poteri di indirizzo e di coordinamento
  attribuiti  al  governo  -  si  e'  dell'avviso  che  debba trovare
  esclusiva  applicazione  il  disposto dell'art. 6 del d.P.R. n. 616
  del  1977,  (cfr.  anche  gli  artt. 1, comma 1 lett. a) e 11 della
  legge 9 marzo 1989, n. 86).
    La  diretta applicabilita' dei regolamenti comunitari nell'ambito
  dell'ordinamento  nazionale e la (eventuale) necessita' di adottare
  una  normativa  nazionale esecutiva di quella comunitaria, infatti,
  non  puo'  incidere  sulle  potesta'  attribuite alle regioni dagli
  artt. 117 e 118, primo comma, della Costituzione. Cio nel senso che
  lo  Stato non puo' in alcun caso emanare un regolamento governativo
  di  esecuzione del regolamento comunitario incidente su una materia
  di  competenza  regionale:  in  tale  ipotesi  spetta  alle regioni
  emanare la normativa di esecuzione eventualmente necessaria.